Ma quando non c'erano i telefonini cosa facevamo?
****WORK IN PROGRESS***
Bella domanda!
Allora, diciamo che fino ai dieci anni facevamo delle grandi giocate con le Barbie, nel senso che mettavamo giù la tavola, la casetta, le camere, e tutto, e giocavamo a quello, praticamente.
Poi, questo, quindi, fai fino alla quinta elementare, poco prima delle medie.
Poi, durante le medie, io sono stata affascinata, come si dice, dal periodo del Medioevo, dai Cavalieri, dall'Amor Cortese, dai libri che ho letto, Un Cavaliere, Alla Corte di Re Artù, e poi altri che adesso non ricordo e che bisogna andare a cercare.
E quindi, praticamente, partivamo al pomeriggio e facevamo questi gruppi che dovevamo correre, correvamo in mezzo ai campi e tutto, che praticamente dovevamo salvare la principessa, conquistare il castello, c'è tutto così.
E avevamo un nostro gruppettino e passavamo i pomeriggi dopo scuola a correre da una parte all'altra, non lo so, in mezzo a questi campi, così.
E praticamente giocavamo a questa cosa qua, tu fai prima, seconda, media.
Poi mi ricordo che nell'estate, tra la seconda e la terza media, facevamo, ci trovavamo ancora in tanti, sempre, in quattro, cinque, a casa mia, e facevamo le sedute spiritiche.
E stavamo lì, passavamo gran parte del pomeriggio con queste sedute spiritiche.
Oppure facevamo il gioco della verità, tiravi la bottiglia dove ti capitava e dovevi dire la verità. Poi un'estate abbiamo creato un piccolo negozietto sotto scala a casa della Manu e vendevamo i giornalini topolini dei miei, vecchi, e altri piccoli oggettini e invitavamo i nostri amici a visitare questo piccolo negozietto e a comprare qualcosa e anche questa attività ci occupava il pomeriggio.
Nell'estate, tra la terza media e la prima superiore, abbiamo deciso di scrivere un libro giallo: Quindi, praticamente, gran parte del tempo, se non tutto, diciamo, i pomeriggi comunque estivi erano dedicati alla stesura di questo testo, di questo libro giallo che, peraltro, conservo ancora scritto a macchina, con una macchina da scrivere vecchissima
E' carino, con personaggi inventati e più noi E vabbè, ce l'ho questo qua, è scritto a macchina, quindi dovrebbe essere ricopiato in formato digitale.
Poi, e quindi siamo qui alla fine degli anni 88, 87, 88 e ancora non c'erano gli anni, non ancora negli anni 90
E poi, beh, alle superiori, mi ricordo che, vabbè, gran parte del pomeriggio ci si trovava con i miei compagni, in particolar modo con la Claudia per fare i compiti, studiare E, nel mentre, ascoltavamo la musica e, appunto, non so, ci interessavamo appunto della musica che si ascoltava A lei piaceva George Michael, gli U2 E quindi, vabbè, i pomeriggi passavano così, tra uno studio e quattro chiacchiere chi ti piace, chi non ti piace
Fine settimana, sabato pomeriggio, era quasi d'obbligo scendere a Como. Quindi, vabbè, la giornata passava così
E poi, alla sera, c'erano le varie feste nei vari oratori, ritrovi a casa di qualcuno o dell'altro
Ma questo, poi, vabbè, di più che altro negli anni più avanti, quando facevamo le feste a casa nostra
E comunque, facevamo, i pomeriggi passavano così.
Tu fai conto che il telefonino l'ho avuto nel 1998? Sì, o giù di lì.
Perché già c'era qualcosa prima, ma anzi, poi io non l'ho avuto subito. Avevo quello... c'era il mio ex amoroso che lui ce l'aveva perché lo utilizzava per lavoro.
Perché la scusa principale per possedere un telefono cellulare era che dovevi essere reperibile in qualsiasi momento per un discorso lavorativo. O comunque magari era in giro e dovevi essere reperibile. Lui facendo l'agente immobiliare spesso era fuori ufficio e quindi doveva comunque poter essere contattabile. Quindi io cosa facevo? Se per caso, anche a nuove conoscenze, davo lo stesso suo numero. Che so ancora a memoria, perché mi è rimasto talmente impresso che a distanza di X anni, calcola, lo so, ce l'ho scolpito nella mente.
Quindi parlando per tutti gli anni, più o meno per tutti gli anni 90, i telefonini non c'erano.
Quindi noi praticamente ci si metteva d'accordo, ci si trova in piazza Lecco alle ore otto, sì sotto il monumento.
Poi arrivavi lì e non c'era nessuno, dove caspita sono finiti, che qua è il monumento e qua è qua. E ma non è che magari è l'altra piazza, che c'è anche quell'altro monumento? No, perché sai, perché loro che arrivano da Milano, arrivano alla prima piazza che incontrano è quella.
E difatti i nostri amici erano lì e da lì poi dovevamo incontrarci per andare a fare una gita a Livigno.
E facciamo così.
E poi, vabbè, le strade senza navigatore, con la cartina alla mano. Ricordo che nel 2009, pur essendoci già i telefonini, ma non avendo la connessione per l'estero, non avendo il navigatore, noi siamo andati a Euro Disneyland, a Parigi e in Normandia con il camper, utilizzando le cartine geografiche tranquillamente, il volumetto e le strade. E non ci siamo persi.
Quindi detto questo, ci si organizzava così.
Le telefonate si facevano, però col telefono di casa. Quindi tu praticamente chiamavi sul telefono fisso.
Eh, buongiorno signora. Sì, salve, sono Cinzia, buongiorno. C'è per caso Giovanni? Eh no, è fuori, mi dispiace. Eh no, vabbè, niente, lascia detto che ho chiamato. Eh ok, peccato che una volta mi hanno richiamato, ma questa cosa non mi è stata detta, per cui io ho dato per scontato che a questa persona non interessasse più nulla di me. E basta, è finita.
E così, niente, sono andata via ed è finita.
Ma quando non c'erano i telefonini, cosa facevamo?
Bella domanda!
Da bambini, fino ai dieci anni, trascorrevamo interi pomeriggi giocando con le Barbie. Creavamo scenari elaborati: preparavamo la tavola, costruivamo la casetta con stanze arredate nei minimi dettagli e inventavamo storie. Questo è stato il nostro passatempo principale fino alla quinta elementare, poco prima dell’ingresso alle medie.
Alle scuole medie, invece, mi appassionai al Medioevo, ai cavalieri, all’amor cortese e ai libri che leggevo, come Un cavaliere e Alla corte di Re Artù. Così, con un gruppetto di amici, organizzavamo pomeriggi d’avventura: correvamo nei campi, fingevamo di salvare principesse e conquistare castelli. Era il nostro modo di evadere, di viaggiare con la fantasia e divertirci senza bisogno di altro.
L’estate tra la seconda e la terza media fu segnata da un'altra passione: le sedute spiritiche. Ci trovavamo in quattro o cinque a casa mia e passavamo interi pomeriggi con la tavola Ouija, cercando di comunicare con gli spiriti. Ogni seduta era un mix di emozione, paura e curiosità. Alternavamo queste esperienze al gioco della verità: giravamo la bottiglia e chi veniva scelto doveva rispondere sinceramente alle domande.
In un’altra estate, creammo un piccolo negozietto sotto una scala a casa della Manu. Vendevamo vecchi numeri di Topolino e altri oggettini, invitando gli amici a fare acquisti. Un modo per passare il tempo sentendoci piccoli imprenditori.
Tra la terza media e la prima superiore, invece, decidemmo di scrivere un libro giallo. Trascorrevamo i pomeriggi estivi immersi nella stesura di questa storia, battuta a macchina su una vecchissima macchina da scrivere. Quel manoscritto lo conservo ancora oggi: è un ricordo prezioso, con personaggi inventati e anche un po’ autobiografici.
Eravamo alla fine degli anni ‘80, tra il 1987 e il 1988, ancora lontani dall’era dei cellulari. Alle superiori, i pomeriggi erano dedicati ai compiti e allo studio, spesso in compagnia della mia amica Claudia. Nel frattempo, ascoltavamo musica: a lei piacevano George Michael e gli U2, e tra un esercizio e l’altro parlavamo di canzoni, artisti e, naturalmente, delle nostre cotte del momento.
Il sabato pomeriggio era quasi un rito scendere a Como. Si passeggiava, si faceva shopping, si chiacchierava per ore. La sera, poi, c’erano le feste negli oratori o a casa di amici, specialmente negli anni successivi, quando iniziammo ad organizzare noi stessi le serate.
Il mio primo telefonino arrivò nel 1998, più o meno. In realtà, i cellulari esistevano già, ma erano ancora un lusso per pochi e spesso legati a esigenze lavorative. Ricordo che il mio ex ragazzo, agente immobiliare, lo usava proprio per questo motivo: doveva essere sempre reperibile. Io, invece, all’inizio non ne avevo uno mio, così, se dovevo dare un contatto a qualcuno, davo direttamente il suo numero (che, tra l’altro, ricordo ancora a memoria!).
Negli anni ‘90, senza telefoni, gli appuntamenti si fissavano in anticipo e ci si affidava alla puntualità (o alla speranza che nessuno cambiasse idea all’ultimo minuto). Ci vediamo in piazza Lecco alle otto, e se qualcuno non c’era? Si iniziava a dubitare: Siamo sicuri che fosse questa la piazza giusta? A volte si facevano piccoli errori di comunicazione, ma alla fine ci si trovava sempre.
E i viaggi? Si affrontavano con una cartina geografica alla mano. Ricordo che nel 2009, pur avendo il cellulare, non avevamo connessione per l’estero né il navigatore. Così, siamo andati in camper fino a Euro Disneyland, poi a Parigi e in Normandia, affidandoci esclusivamente alle mappe cartacee. E incredibilmente non ci siamo mai persi!
Le telefonate si facevano dal telefono di casa. Se volevi parlare con qualcuno, dovevi passare prima dal filtro dei genitori:
— Buongiorno signora, sono Cinzia. C’è Giovanni?
— No, è fuori, mi dispiace.
E se nessuno ti richiamava, magari perché il messaggio non era stato riferito, davi per scontato che quella persona non fosse più interessata a sentirti. Così, semplicemente, certe storie finivano senza troppi perché.
In fondo, ci si arrangiava. Ci si incontrava, si viveva il momento senza la costante connessione digitale. E, a pensarci bene, si stava benissimo lo stesso.
Questo testo è stato rielaborato con l'aiuto di ChatGPT, perché la tecnologia è un supporto, non un sostituto.
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